“Perciò anche quelli che soffrono secondo la volontà di Dio, raccomandino a Lui le proprie anime, come al fedele Creatore, facendo il bene.”
1 Pietro 4:19
Queste parole sono davvero meravigliose e le si apprezzano sempre di più quando su di esse si medita lungamente. Che Dio sia fedele, per il popolo di Dio, è una verità chiara ed indiscutibile, comprovata nel corso dei secoli e vera nell’esperienza quotidiana del figliolo di Dio.
Egli è fedele nel provvedere in modo che ogni cosa nell’universo e nella nostra vita sia funzionale ai Suoi disegni particolari e generali. Gesù disse: “Non si vendono forse due passeri per un soldo? Eppure neanche uno di loro cade a terra senza il volere del Padre vostro. Ma quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi siete da più di molti passeri” (Matteo 10:29-31). Dio è il fedele Creatore nei cieli lassù e quaggiù sulla terra. Non ci sorprende, quindi, di trovare nelle Sacre Scritture come la Sua fedeltà sia uno dei temi principali.
Per quale motivo, però, Pietro sottolinea la fedeltà di Dio come Creatore quando affronta il problema delle circostanze in cui i credenti soffrono? Perché ogni cosa, anche in questo campo, non è “accidentale”, ma “funzionale” ad un progetto benefico di ordine superiore. Tante volte concentriamo i nostri pensieri sulla sofferenza, morte e sepoltura di Cristo dimenticandoci, in qualche modo, che, dietro a tutto questo, nella profondità della natura stessa di Dio, l’onnipotente Creatore, vi sono le fonti eterne, che mai si esauriscono, della Sua fedeltà, amore e tenerezza.
E’ così che siamo richiamati ad andare indietro nella storia della Redenzione verso l’infinito silenzio dell’Eternità, quando ciascuno di noi era un distinto pensiero nella mente di Dio. “I Tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo, e nel Tuo libro erano già scritti tutti i giorni che erano stati fissati per me, anche se nessuno di essi esisteva ancora” (Salmo 139:16). Che noi si abbia realizzato quell’eterno proposito lo si può porre in questione, ma ciascuno di noi ha diritto di “guardare Dio in faccia” e di dirGli: “Le Tue mani mi hanno fatto e formato; dammi intelligenza perché possa imparare i Tuoi comandamenti” (Salmo 119:73).
Possiamo avere tanti irrisolti “perché” nella nostra vita, ma sappiamo che il Signore sa quello che sta facendo e che lo fa per il bene e per un motivo. Nelle nostre sofferenze, per le quali non possiamo trovare spesso una ragione, possiamo rimetterci a Lui e senz’altro chiederGli che noi le affrontiamo con forza, rallegrandocene, come dice la Scrittura. Possiamo chiederGli che le nostre sofferenze siano utili, come si esprime l’apostolo Paolo che, vilipeso e perseguitato, poteva dire: “[siamo considerati] come seduttori, eppure veraci; come sconosciuti, eppure riconosciuti; come morenti, eppure ecco viviamo; come castigati, ma pure non messi a morte; come contristati, eppure sempre allegri; come poveri eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo tutto” (2 Corinzi 6:9,10).
Non c’è motivo di considerare la nostra vita un fallimento, perché anche nelle peggiori circostanze possiamo riccamente servire in qualche modo gli altri e uscirne più che vincitori! “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà l’afflizione, o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada? Come sta scritto: «Per amor Tuo siamo tutto il giorno messi a morte; siamo stati reputati come pecore da macello». Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori in virtù di Colui che ci ha amati” (Romani 8:25-37). “Poiché il Signore è buono; la Sua bontà dura in eterno, la Sua fedeltà per ogni generazione” (Salmo 100:5).
Benediciamo il nostro fedele Creatore!
Dio vi benedica!
Pastore Samuele Pellerito